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mercoledì 20 febbraio 2013

Devastazione famelica

(IMMAGINE GRAFICO DELL’ISPRA, ripreso da “il Gazzettino.it” del 6/2/2013)


Dal rapporto dei ricercatori di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), che ricostruiscono l’andamento del consumo di suolo in Italia, emerge che per ogni secondo negli ultimi cinque anni è di OTTO metri quadri, questo è il ritmo forsennato che sta consumando l’Italia.
Cifre impressionanti che trascinano l’Italia fuori  dal contesto Europeo,dove il consumo medio del suolo è del 2,8% a fronte di un devastante 6,9% del nostro martoriato Paese.
Tra i divoratori di suolo Lombardia, Veneto e Lazio e Campania; è come se ogni anno si costruissero  città nuove come Milano e Firenze, e questo in un Paese a incremento demografico zero.
Questa dissennata cementificazione  avviene a danno di preziosi suoli agricoli (pianura veneto padana –laziale campana) un tempo fecondi, colpendo il cuore dell’agricoltura di qualità, coprendo i suoli  di cemento con perdita delle funzioni ecologiche di sistema alterando i già precari equilibri naturali.
Per chi costruiamo e perché? In Italia trova credito l'idea secondo cui l’Edilizia e le grandi opere sarebbero i principali motori dell’economia. Sfugge a politici e imprenditori che la presente crisi economica nasce proprio dalla “BOLLA IMMOBILIARE” americana. Basta vedere anche il mercato immobiliare italiano: appartamenti da vendere  e in costruzione in numero spropositato, capannoni industriali sfitti e vuoti, l’eccesso di offerta è al massimo con una domanda verso lo zero.
La crisi che attanaglia il mercato immobiliare è dovuta alla mancanza di una visione di  investimenti realmente produttivi e capacità di formazione e di progettazione. Si utilizza invece il nostro suolo come se fosse una risorsa passiva , una cava da sfruttare spolpandola fino all’osso.
Si sente ripetere che interrompere il mercato attuale è impossibile perché vanno protette manodopera e imprese. NON E’ VERO. Di lavoro per imprese e manodopera  ve ne sarebbe di più e non di meno se solo si decidesse di dare priorità assoluta alla messa in sicurezza  del territorio (Rapporto Associazione nazionale costruttori edili  e Centro ricerche economiche e mercato edilizio).
Perché un centro commerciale non può essere costruito in centro dove ci sono edifici abbandonati, aziende abbandonate da ristrutturare, forse è più semplice trasformare un’area agricola?
La vera diatriba non è tra conservatori (non cemento) e modernizzatori (cemento) è fra chi vuole sviluppo in armonia , e chi vede nel suolo italiano solo una risorsa da saccheggiare a proprio vantaggio.

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