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domenica 2 novembre 2014

Celebrazioni del 4 novembre: il discorso del Sindaco



Riportiamo integralmente il discorso del sindaco alle celebrazioni per il 4 novembre:

Ringrazio tutti gli intervenuti: le forze dell'ordine, carabinieri e polizia locale, i consiglieri comunali, la banda e soprattutto i cittadini oggi presenti. Ringrazio i dipendenti comunali, i messi, l'ufficio lavori pubblici, l'ufficio segreteria che hanno coordinato la preparazione dell'evento. Sono grato in particolar modo alle volontarie di Rescalda e Rescaldina che hanno cucito e confezionato le bandiere che adornano i monumenti, le lapidi e il palazzo comunale.

Cosa festeggiamo oggi?
    Il IV novembre si festeggiano l'Unità d'Italia e le forze armate. Rivolgo quindi da subito il mio pensiero grato ai nostri carabinieri che ogni giorno vigilano sulla nostra comunità e concorrono a rendere Rescaldina un luogo sicuro in cui vivere. La loro presenza in mezzo a noi è una presenza amica, è una realtà a cui i cittadini possono rivolgersi non solo per denunciare ma anche per essere ascoltati e consigliati.

    In questa festa però che ricorda anche la fine della prima guerra mondiale non posso non rivolgere il mio pensiero ai caduti militari e civili. I dati degli storici parlano di 651.000 militari caduti a cui aggiungere i civili deceduti durante il conflitto: 1.021.000 morti, di cui 589.000 a causa di malnutrizione e carenze alimentari e 432.000 a causa dell'influenza spagnola. Si tratta quindi di 1.672.000 morti che rapportati ad una popolazione allora di circa 35.000.000 di italiani significa un lutto globale, un lutto che ha colpito tutta la popolazione di una intera nazione.

    Il prof. Restelli e l'ANPI giovedì sera ci hanno descritto la realtà del primo conflitto mondiale: una realtà fatta di trincee, di soldati giovanissimi, impreparati, mandati al massacro per un ideale lontanissimo dalla realtà da cui lo Stato li aveva strappati.
    Proviamo a immaginarci il freddo estremo o il caldo torrido vissuti in una trincea, i pidocchi, la paura, le malattie, la convivenza quotidiana con la sofferenza, con la morte dei commilitoni spesso visti morire dissanguati a pochi metri di distanza e senza alcuna possibilità di intervenire.
Immaginiamoci, anche se il pensiero ci sembra intollerabile,  i nostri ragazzi di 18 o 19 anni costretti a lasciare le nostre case; immaginiamoci l'ansia, l'angoscia, la paura di vederci recapitare un giorno un telegramma con la tragica notizia di morte.

    E allora, torno alla domanda iniziale, cosa festeggiamo oggi?
Non certo una vittoria, non certo la conclusione di un conflitto che altro non è stato che il prodromo di un altro conflitto ben più pervasivo e sanguinoso.
Festeggiamo però la memoria, ricordiamo i nostri morti, ricordiamo le sofferenze che il conflitto ha causato.

    Lasciamo allora che in questa cerimonia risuonino in noi questi pensieri, si rincorrano nel nostro cuore le contraddizioni, le tensioni morali, i pensieri di sofferenze e anche, perché no, di pace.
    Sono passati cento anni dall'inizio della prima guerra mondiale, cento anni che non devono avere reso vano tutto quanto è successo, cento anni di conflitti che però devono confermarci sempre più che la vera vittoria è la PACE una pace fatta di rispetto, valori morali, servizio, bene comune.

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